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Castagno di San Francesco

Raro Esemplare di Albero di Castagno Secolare

Castagno di San Francesco
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Descrizione

"Presentiamo una pianta di Castagno (Castanea sativa – Mill.), conosciuta come il Castagno di San Francesco di Paola e denominata “borraccia scura”, secondo una definizione che sa molto di tradizione e che ha origine dall’ameno e spettacolare luogo, dove quest’albero altrettanto raro, ormai plurisecolare, non finisce mai di stupire. Sì, per la sua resistenza, unicità per zona fitoclimatica, di ineludibile ed attraente maestosità, dalla conclamata e certificata longevità. Un vero primato! Ecco la notizia: si sta parlando, insistentemente, da qualche tempo, perché a questo ‘Castagno Gigante ’ della Sila celichese venga conferito l’ambito riconoscimento di Pianta Storico-Monumentale. E la Regione Calabria ha già fatto un primo passo saliente, in tal senso, dopo che il Comune di Celico aveva inoltrato ufficiale richiesta, corredata da ogni dovizia di dati afferenti alla particolare Pianta. Il Castagno di Colamauci: i Requisiti di Unicità Botanica Il maestoso castagno è adagiato in prossimità di un'ansa del Lago Cecita (Sila Grande) – località Colamauci – giurisdizione Comune di Celico (CS) ad una distanza di circa 150 mt. ad un'altitudine di 1160 mt. Nei pressi della superba pianta insistono alcuni cascinali, ben curati, dove risiedono gli ultimi appassionati di un mondo rurale, che resistono caparbiamente, alle repentine trasformazioni di una società che sembra non avere a cuore lo scandire di una vita agreste. Una pianta-simbolo, il castagno, che non finisce mai di suscitare curiosità e non solo: La ‘ grande vegliarda’ di Colamauci, alimenta interessi tra i più disparati: dalla semplice curiosità di avventori occasionali, di turisti e villeggianti, di amanti della montagna silana, ricercatori, esperti di botanica, di studiosi del paesaggio, ambientalisti. La grande ‘ Borraccia scura’, come è definita, si trova in un appezzamento di terreno privato. Va dato atto ad una moltitudine di persone-pionieri che, nel corso dei secoli , hanno saputo custodire un bene importante che, soprattutto nei momenti difficili, rappresentava una sorta di ancora di salvezza, proprio per la preziosità dei frutti che venivano raccolti e che aiutavano il sostentamento del nucleo familiare ed in una certa misura base insostituibile per quel tradizionalissimo allevamento in proprio del maiale… In una recente e pregevole pubblicazione di Don Emilio Antonio Salatino: “ Nella Magna Sila sulle Orme di San Francesco di Paola – Dea Editori “, è riportato un interessante capitolo sul Castagno di Colamauci. Ma il religioso, attento studioso del Santo e della Sila, nella sua pregevole scrittura, fa riferimento ad altri aspetti salienti che in certo qual modo confermano la ormai storica e consolidata denominazione del Castagno. Anche la testimonianza del contadino del posto ne costituisce un elemento comprovante. “Il percorso seguito da Francesco per giungere a Spezzano ha origine dall’eremo di Paterno Calabro. Le fonti non dicono nulla circa la strada che egli avrebbe seguito; tuttavia la tradizione indica in Pedace, Scalzati e Macchia le tre località dei Casali da cui sarebbe transitato. Anche il percorso seguito dal Santo per spostarsi a Corigliano Calabro non è ben individuato. Secondo alcuni studiosi egli avrebbe seguito la Valle del Crati ma, secondo la tradizione orale, invece, avrebbe attraversato la Sila”. Sono in molti, tra gli appassionati e gli estimatori del luogo silano, ad auspicare un meritato, giusto, riconoscimento ad una Pianta Plurisecolare che ha attraversato momenti epici e difficili, a volte pericolosi per la stessa sopravvivenza della stessa. Non sono mancati, nelle epoche più recenti, periodi di sicura notorietà, di ‘pellegrinaggi’ non solo di matrice religiosa, ma senza riconoscimenti ufficiali, circa la conferma dell’effettiva specificità di un’entità botanica così particolare, i cui elementi di rarità sono facilmente rilevabili. Come è stato accennato in premessa, si tratta di una gigantesca “ borraccia scura”, annerita, che si apre alla base e si espande rigogliosamente in altezza. Un antro basale visibile – una piccola caverna è scavata al piede della pianta – che è conseguenza anche della carie che si sta facendo strada nella materia legnosa. Ma c’è un’altra causa che è da ricercarsi in una combustione, probabilmente da fulmine, che ha investito la pianta sia interna che esterna . All’attualità il Castagno produce pochi frutti, molto piccoli. Ancora delizia per il proprietario del fondo, ma anche per una comunità di altri esseri viventi per i quali, le castagne, rappresentano una prediletta riserva trofica. La circonferenza della pianta misura circa dieci metri e mezzo partendo dalla direzione nord. La muschiatura, evidente, è presente sulla parte della corteccia in direzione del Lago-braccio Colamauci. La superficie dove svetta l’imponente castagno è inerbita, mediamente compattata e senza ristagno idrico. L’area è ricca di piante spontanee, di interesse pascolivo, oltre ad essenze odorose e piante officinali. Una Testimonianza di Particolare Significato Il sig. Francesco è colui che dal 1956 si prende cura dell’albero e custodisce tutte le storie che ad esso e alla semplicità genuina di un popolo devoto e contadino sono legate. Ecco il suo breve racconto: “Prima stavo ad Acri, poi, nel 1956, mi sono trasferito qui, con la mia famiglia. Mio padre mi ha sempre raccontato la storia dell’albero che testimonia il passaggio di San Franciscu i Paula. La storia racconta che qui capitò un frate alto e fiero che stava andando da Spezzano a Corigliano, passando per questa via, che era quella della transumanza. Non si sa se portasse con sé un sacco di castagne raccolte chissà dove o se uno dei contadini con cui soleva fermarsi a fare due chiacchiere gliene avesse offerta qualcuna, fatto sta che lui disse ad uno di questi contadini: “Questa castagna non la mangio, la butto in terra. Ne nascerà un grande albero!”. “Frate Francè, ma la castagna non ci resta in terra. Sicuro passerà un qualche animale che la mangerà”, rispose il contadino. Eppure, il castagno nacque e oggi eccolo ancora qui!”. Un Castagno Benedetto da S. Francesco di Paola La risposta che Francesco diede a quel contadino chissà quale fu, forse una delle sue preferite: “A chi ama Dio tutto è possibile!”. Ma è solo leggenda? È questo quello che studiosi, storici, selvicoltori e semplici appassionati da diverso tempo stanno cercando di scoprire. Il passaggio di San Francesco da questo luogo è molto probabile. Egli, infatti, proprio nei tempi in cui si narra sia nata la storia dell’albero, costruiva il convento di Spezzano e nei medesimi anni viaggiava spesso tra questa località e Corigliano Calabro. Ma, al di là della ricostruzione storica intorno alla vita del Paolano e anche al di là della devozione popolare, l’albero di castagno rimane comunque degno oggetto di studio e di attenzione. Una sorta di ‘laboratorio all’aperto’ dove s’incontrano esponenti di varie discipline scientifiche ed anche adepti di momenti ludicoricreativi, scolaresche e gruppi di gitanti e/o turisti provenienti da altre regioni ed anche dall’estero. Il Castagno di Colamauci: Testimone Secolare La ormai famosa “borraccia scura” è un antichissimo ( quanto sorprendente) reperto vegetale vivente, insolito per la flora locale, unico in tutta la Sila, certamente tra le piante di castagno più longeve di Calabria e, forse, d’Italia. Ma perché Francesco avrebbe scelto proprio un castagno? La risposta porta ancora una volta alla peculiarità del carisma dell’Eremita: la carità penitenziale, attenta, reale. San Francesco compie miracoli che hanno dello straordinario per chi li riceve, pur sembrando banali, addirittura pochezze per gli altri. Si ricorda, perché è aspetto cruciale, che per i contadini del tempo un albero di castagno era sinonimo di ricchezza: dalle castagne si otteneva farina dalla quale ricavare pane, era linfa vitale per la famiglia, possedimento concreto, addirittura dote per le figlie da maritare. Insomma, un autentico tesoro. Uno Straordinario Elemento Paesaggistico? Certamente ! Il Castagno di San Francesco di Paola troneggia in mezzo ad una dolce radura ed appare come… un bastione fortificato che domina tutto lo spazio circostante. E’ la significativa e collegiale riflessione che hanno formulato sul posto un gruppo di specialisti della materia, non solo castanicola. Si sono ritrovati, per un meritorio obiettivo comune: un nucleo di espertitecnici dell’ARSAC – della Regione Calabria (Vincenzina Scalzo, Giovanni Maiorca e Giuseppe Orrico) ed una Guida AIGAE e del Parco Nazionale della Sila, Pietro Reale. Un appuntamento scaturito dall’esigenza di effettuare un ulteriore, attento, monitoraggio sia sul luogo, sia sulla pianta di castagno, al fine di corroborare l’ufficiale richiesta presso la competente Struttura - Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, che è stata successivamente inoltrata dal Tecnico responsabile del Comune di Celico, Damiano Mele. Il Giudizio degli Esperti del Sopralluogo: Ecco gli Elementi di Eccezionalità “Discutiamo brevemente dell’età della pianta, che si attesta fra i 4 e i 5 secoli. Facendo un po’ di paragoni fra grandi castagni monumentali, avvistati in giro per lo stivale, s’evince la immensità di un esemplare botanico, rigorosamente da preservare. Certo, la sua estrema solitudine, circondato com’è da prati e cielo, fa riflettere, in ordine ad un vero e proprio ‘miracolo’: la straordinaria longevità e resistenza della pianta, in un posto dove fino al principio del XX° secolo c’era un bosco rigoglioso, ora completamente scomparso. L'albero, inoltre, si presenta con una ragguardevole dimensione. L'età della pianta stimata è di circa 510 anni ma probabilmente siamo al cospetto di un dato in difetto. La circonferenza del tronco, misurata a 130 cm, è di circa 1285 cm. L'espansione della chioma è di circa 1550 cm. L'albero, altresì, costituisce un microecosistema animale e vegetale, colonizzato da comunità lichenicole e muscinali, un piccolo biotopo che ospita una particolare avifauna ed entomofauna, sono presenti nidi di uccelli e nella cavità basale descritta, certamente utilizzata come tana dalle volpi e/o di altri piccoli animali selvatici”. Siamo al cospetto di un autentico gioiello arboreo che Madre Natura ha voluto custodire e conservare in tutto questo tempo plurisecolare trascorso."

Enzo Pianelli

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Ultimo aggiornamento: 3 giugno 2024, 08:01

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